“Cosa mi manca più di tutto? Riunirmi con i ragazzi. Capire gli errori, analizzarli. Lo facevamo nella nostra saletta, alle volte a cena. Ma torneremo come prima”. Nel gioco delle impressioni, necessità delle interviste da remoto, Marcelo Capitani si è mostrato subito così com’è: un ottimista del fare. È il numero uno del Padel in Italia: è stato selezionato personalmente dalla Federazione Italiana Tennis per costruire la crescita di questo sport nel nostro Paese. Oggi, tornei e vittorie a parte, è il commissario tecnico dell’Under della Nazionale: “E ne sono molto orgoglioso”.

A Wip Padel, Capitani ha raccontato le vite vissute e le speranze per il futuro. Con un punto chiaro nel programma di vita: “Adesso è arrivato anche il tempo di trasmettere la mia esperienza”.

Marcelo, ci racconti il suo rapporto con il Padel.

Dobbiamo tornare al 1990, allora. Mio padre aveva un circolo sportivo nella nostra città, Santa Fe: sono nato e cresciuto lì. E sin da ragazzo ho iniziato a giocare a tennis, finché un mio caro amico, Jorge, mi prese da parte e mi disse: ‘Vieni, sfida a padel’. Non sapevo neanche cosa fosse. Poi mio padre costruì due ‘piste’ e iniziai a praticarlo regolarmente. Avevo 15 anni, a 17 divenni professionista.

Da ragazzo affrontò subito i migliori?

Sono andato a Buenos Aires e mi sono trovato davanti i giocatori chiave di quel periodo. Avevo appena 18 anni e facevo i primi passi come professionista: arrivai al numero 60 del ranking. Poi, la Spagna: 13 stagioni in cui ho potuto ammirare il processo di crescita, insieme ai tanti giocatori argentini che si sono trasferiti lì. Ho giocato per la federazione spagnola, poi per il Padel Pro Tour, finché è arrivato il WPT che ha preso tutti i diritti e che oggi si è affermato come il circuito più forte al mondo. C’erano i migliori, come Paquito Navarro e Sancho Gutierrez, e arrivai tra i primi 20 accumulando quarti di finale e una carriera di cui non posso davvero lamentarmi.

Il suo arrivo in Italia?

Grazie a Gustavo Spector, attuale commissario tecnico della nazionale. Fu lui a volermi, mentre la Federazione mi propose di venire in Italia per porre le basi di questo sport. La trovai subito interessante, avevo intenzione di fare raduni per i giovani. Mi hanno dato l’incarico che oggi ho rinnovato: cittì della nazionale giovanile. Sono molto fiero di questo. Dal 2016 sono qui e stiamo provando a sviluppare il Padel in tutto il territorio italiano.

Di sicuro, questa però è una stagione particolare.

Sportivamente parlando, la stagione sta andando molto, molto bene. Non siamo egoisti: il mondo è in difficoltà, lo sappiamo. E sappiamo pure di essere fortunati: ad oggi si può giocare, possiamo affrontarci tra atleti nazionali e agonisti. I risultati? Ho giocato 7 tornei Open, ne ho vinti 5 con Simone Cremona. Negli altri due sono arrivato in finale e abbiamo perso. Dai, sta andando bene.

Il livello si è alzato tanto? Il gap con gli altri paesi…

Si è alzato tantissimo. L’obiettivo che mi pongo quest’anno è poter lottare, allenarmi e star bene fisicamente. Poi ci saranno tanti tornei interessanti: la Serie A con Orange. A proposito: ringrazio la Federazione, dopo il WPT credo che il nostro campionato sia il più attrattivo e interessante. D’altronde tanti giocatori spagnoli vogliono giocare la Serie A, che si svolgerà tra fine aprile e inizio maggio. Speriamo vada tutto bene. Ovviamente, il desiderio è di arrivare al numero 1 in Italia: abbiamo l’onore, con Simone, di poter difendere questo titolo. E dobbiamo prepararci bene, perché gli altri ragazzi si stanno allenando e hanno ridotto il gap. Sono contento di questo, pure rispetto agli altri paesi l’Italia si sta avvicinando.

Si aspettava questo boom del padel in Italia?

Sì, me l'aspettavo. Quando giocavo per il WPT in Spagna, in Italia non aveva ancora preso piede. Ne ho intravisto le potenzialità, però. Ho accettato la proposta italiana perché sono italiano anch’io: il mio bisnonno era originario delle Marche, potevo pure giocare in nazionale. Ecco perché non ho avuto dubbi: mi sono buttato di testa. Il mondo Italia lo vedevo già da tempo, si è confermato e sta andando alla grande. Vero: oggi è difficile, ma tanta gente inizia a provarlo, inizia a giocare. Del resto, questo è uno sport facile, è molto difficile diventare forte. Copre tutte le fasce di età e non ha genere: è per tutti.

Il Padel può raggiungere qui i livelli di Spagna e Argentina, anche in ottica WPT?

Il gap, nel confronto con Argentina e Spagna, è ancora alto. Ma abbiamo ancora da recuperare il tempo di svantaggio. Loro hanno iniziato molto prima. Comunque, negli ultimi anni si è ridotto com'è logico, iniziamo a fare tornei e dimostriamo che l'Italia c'è. Bisogna lavorare con i ragazzi, il futuro, dagli under 12 e 16. Ci stiamo muovendo su questa strada come Federazione e sono sicuro che quest'anno verrà fuori un bel circuito del settore giovanile. Darà spinta ai ragazzi per avere un futuro con il padel. Poi, come sempre, il tempo ci dirà se avremo futuri campioni con i ragazzi di altre nazioni.

Nel concreto, come si aiutano i ragazzi?

Un’idea possono essere le Academy. Ne ho fondata una anche io, la ‘Padel Italia Academy-Marcelo Capitani’: provo a sviluppare questo sport dando ai futuri maestri il materiale giusto per allenare gli allievi. Per motivarli. Per trasmettere la passione. Ho 35 anni di esperienza in altri paesi, pertanto ho sviluppato questa metodologia di lavoro e voglio impartirla ai nuovi educatori. Farà sì che i giovani avranno più rendimento e miglior tecnica nel confronto con gli altri.

Della vita pre covid, cosa le manca di più?

Ne parlavo con un collega: al termine di ogni clinic, facevamo sempre la video analisi con i ragazzi. Prendevo un proiettore e analizzavamo la meccanica del movimento, come si muovevano, così da correggere le imperfezioni. Si faceva in gruppo. A tavola. Spesso a cena. Questo mi manca.

Oggi, Marcelo Capitani?

Oggi ringrazio tutti coloro che si occupano di questo sport. Soprattutto i dirigenti della Federazione. Sono il commissario tecnico dell’Under azzurra e per me è un onore poter costruire e aiutare questo Paese nella crescita e nella disciplina. Lo difenderò sempre con passione. E ci prepariamo a un altro grande step.

Quale?

Il presidente FIT, Luigi Carraro, sta spingendo tanto per rendere il Padel uno sport olimpico. Sforzi, passione e determinazione. Merito suo e di chi lotta tutti i giorni per questo movimento.

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